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“I miei pensieri non sono i vostri pensieri” (Isaia 55,8-9)

È un’ora assai buia, umanamente parlando, quella che stiamo vivendo: l’improvvisa scomparsa del carissimo don Antonio è davvero un fulmine a ciel sereno.
In questo momento ci stringiamo unanimi attorno a mamma Carmela, alle sorelle Mariateresa ed Anna, a suo fratello Michele, ai cognati, ai nipoti, agli zii proprio a far sentire il calore del nostro abbraccio e la stima e l’affetto che hanno legato tutti noi a don Antonio.
Davvero dobbiamo confessare quanto il profeta Isaia scriveva nel suo libro: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie”.
Don Antonio era un prete tutto d’un pezzo e questo non già perché fosse robusto fisicamente ma perché aveva preso sul serio la sua vocazione di prete. Proprio la fedeltà a essere un prete in cui sì era sì e il no, no, lo aveva portato, alcuni anni fa, a chiedere al mio predecessore di essere sollevato dal ministero di parroco nella comunità di Satriano.
Dotato di una intelligenza non comune, la sua lettura della realtà era oltremodo lucida e non sempre si riusciva a stargli dietro, proprio perché amava nutrirsi continuamente del sapere che attingeva ai classici come pure ad autori più moderni e, soprattutto, al magistero della Chiesa. Sebbene fosse un uomo culturalmente preparato e teologicamente ferrato, questo non era motivo per mettersi in cattedra o per sminuire il suo interlocutore. Tutt’altro.
In questi anni, tra gli altri incarichi, ha svolto anche il ruolo di docente di latino e greco in Seminario come quello di professore presso i corsi di formazione nella sede dell’Università Cattolica.
La sua stazza e il suo viso giocondo, lo rendevano subito simpatico. Era facile entrare in dialogo con lui.
Gioviale com’era sapeva ridere di sé come pochi e per quanto serio non si prendeva mai sul serio. Infatti, non sempre era facile distinguere fino a che punto scherzasse su di sé o dicesse seriamente.
Giovane sacerdote, aveva assunto con entusiasmo il servizio pastorale a Sasso di Castalda dove aveva profuso tutte le sue energie pastorali per rendere sempre più viva una comunità generosa nella pratica della fede.
Poi vennero gli anni di Satriano: anche qui non si è mai risparmiato aiutando la comunità a vivere un tempo non facile della sua storia.
Proprio la sua maturità di uomo e di prete fece sì che la comunità non si disperdesse ma ritrovasse ogni giorno di più le ragioni del suo credere.
Da una decina d’anni aveva fatto ritorno qui nella sua Valle dove, oltre a svolgere il suo ministero di parroco di Marsicovetere e Cappellano del locale Ospedale, faceva il jolly, come egli stesso amava ripetere, aiutando ora l’uno ora l’altro confratello che avesse bisogno. Ed è proprio nell’esercizio di questo servizio in sostituzione di un parroco che ieri mattina ha concluso la sua breve e intensa vita sacerdotale stroncato da un fulminante arresto cardiaco.
Non era certo uno che facesse ombra o amasse attirare l’attenzione su di sé: piuttosto faceva un passo indietro e sempre metteva in risalto colui che ha la responsabilità pastorale della comunità. Credo lo possano attestare tanto don Vincenzo Pizzo insieme a don Michele Palumbo quanto i suoi amici della prima ora, don Antonio Savone e don Marcello Corbisiero che, insieme a lui, proprio qui hanno coltivato il loro germe vocazionale alla scuola del compianto don Vito Matteo di venerata memoria.
Grande era la sua fede di cui sapeva rendere ragione in ogni circostanza e viva era la sua devozione alla Madonna dei Miracoli.
Ho voluto che a illuminare questo momento di prova per la sua mamma e per i suoi cari come per tutti noi, fossero proprio le letture proclamate ieri nella liturgia domenicale.
Gesù passando… vide… chiamò…
La storia di ogni uomo sotto il cielo, potrebbe essere letta secondo la categoria della chiamata, ne sia consapevole o meno. Non è forse così per il venire alla luce? Nessuno ha deciso da sé tempi e modi di venire al mondo. Non è forse così per l’ultima chiamata, quella che ieri il Signore ha rivolto al carissimo don Antonio?
Se nessuno ha scelto di venire al mondo perché è il Signore ad averci chiamato all’esistenza, è altrettanto vero che al mondo non ci si resta se non decidendo come rimanerci. E un modo non vale l’altro.
Don Antonio si è lasciato guardare da Gesù tanto da sentirsi interpellato personalmente sin da ragazzo e poi nei vari momenti in cui l’obbedienza alla Chiesa gli ha affidato un nuovo servizio.
Forse guardiamo alla scena di Gesù che passa e chiama con un po’ di sospetto, presi come siamo più da attaccamenti impauriti che da slanci generosi.
Viviamo nella convinzione che sia il trattenere e non il lasciare, la strada per trovare realizzazione piena nelle nostre vite. E così diventiamo idolatri delle cose a cui, talvolta, immoliamo anche gli affetti più cari.
Lasciare, perdere, andare, sono verbi che coniughiamo a fatica, eppure sono i verbi che il vangelo più mette a tema, sono i verbi che fa propri chi riconosce che la vita è una chiamata continua a montare e a smontare la nostra tenda dove e come il Signore desidera. Questo, don Antonio lo aveva compreso molto bene e con la generosità del suo cuore aveva messo i suoi passi dietro il Signore Gesù fino alla fine.
Gesù continua a passare e chiama.
Ne sente la voce chi è disposto a condividere e non già ad accumulare per sé, chi non è vittima di preoccupazioni affannate, chi è capace di fondare la consistenza della propria vita su qualcosa che non marcisce e non si consuma.
E di questo, don Antonio è viva testimonianza.
Amen.                                                        

+Salvatore

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