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OMELIA IN OCCASIONE DELLA SOLENNITA’ DEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO

Colui che non ha dove posare il capo, chiede: “Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli”. Gesù inaugura quella stanza che sarà all’origine dei gesti più significativi della sua vita. Uno dei suoi, il discepolo amato, dice Giovanni, poserà il capo sul petto del Maestro, quasi a chiedere, nel silenzio orante, di ascoltare la sorgente dell’amore che egli offre in quella stanza, mentre si dona fino alla fine (Cf Gv 13, 1ss).
Il luogo non è da subito noto afferma l’evangelista Marco, va cercato e preparato. L’Eucarestia non si improvvisa, bisogna arrivarci su indicazione del Maestro, va preparata attraverso l’ascolto costante della Parola. Il suo contesto evocativo è certo l’antica Pasqua ebraica, segnata dal pane azzimo, cibo non lievitato; ma ora, è Cristo la nostra Pasqua, il vero pane da celebrare con azzimi di sincerità e verità (Cf. 1Cor 5,8). L’insistenza sul verbo preparare utilizzato da Gesù, ricorda come i discepoli sono chiamati a scoprire ciò che il Padre suo ha già preparato per loro. La lunga storia dell’incontro con il Popolo dell’Alleanza, conclusa con Mosè ed i padri, è sulla base di una Parola data, che il popolo è chiamato ad eseguire ed ascoltare (Cf Es 24,7). Una Parola, che si realizza mentre si ascolta. È quanto accade ai due discepoli inviati da Gesù a preparare la stanza per la cena pasquale. Il fatto di essere mandati dal Maestro a due, è memoria dell’invio missionario. Ogni Eucarestia è culmine del mandato missionario della Chiesa. Si annuncia ciò che si celebra e si celebra ciò che si annuncia.

Gesù comanda ai due di andare in città e di incontrare e seguire un uomo con la brocca d’acqua. Strana questa indicazione di Marco. Nella prassi ebraica è raro che un uomo sia portatore di una brocca, generalmente sono le donne a compiere questo gesto. Nel racconto giovanneo sarà la donna samaritana ad affermare stupita: “Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest’acqua viva?” (Gv 4,11). Gesù indicando ai due di seguire l’uomo con la brocca d’acqua fino alla stanza superiore, mostra alla Chiesa, a questo nostra Chiesa, come incrociare il passo di chi vive la città degli uomini e delle donne del nostro tempo, contenitori assetati dell’amore di Dio. Infatti, noi portiamo un tesoro in vasi di creata (Cf 2Cor 4,7).

Scrive Papa Francesco nella Evangeli Gaudium a proposito della Chiesa del nostro tempo: “È evidente che in alcuni luoghi si è prodotta una “desertificazione” spirituale, frutto del progetto di società che vogliono costruirsi senza Dio o che distruggono le loro radici cristiane. Anche la propria famiglia o il proprio luogo di lavoro possono essere quell’ambiente arido dove si deve conservare la fede e cercare di irradiarla. Ma è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto, che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi, uomini e donne. In queste circostanze siamo chiamati ad essere persone-anfore per dare da bere agli altri. A volte l’anfora si trasforma in una pesante croce, ma è proprio sulla Croce dove, trafitto, il Signore si è consegnato a noi come fonte di acqua viva.” (Cf EG 86).

Molto spesso sono gli uomini e le donne del nostro tempo a mostrarci la stanza alta. Questo mostrare è frutto della loro ricerca, della loro passione e delle domande di senso che si accendono lungo il cammino dell’esistenza. Lì, in questi cuori precari e carichi di speranza, i discepoli di ieri e di oggi, preparano l’avvento del Maestro che viene a donare la sua vita e risponde alla profonda inquietudine del cuore umano. I due inviati, vanno e trovano quanto il Maestro ha detto. Non c’è delusione nel loro cuore. Ieri ed oggi il Signore conferma il cammino della sua Chiesa, quando è fatto insieme, a due a due. C’incontra ancora nella sala alta e compie quei gesti e quelle parole di cui necessitiamo. Abbiamo bisogno di Eucarestia che genera comunità, che suscita prossimità, che ravviava la nostra storia. Mentre mangiavano, afferma Marco, Gesù si offre nel pane e nel vino che trasforma nel suo Corpo e nel suo Sangue. È vero, l’Eucarestia trasforma, lo affermavano i Padri della Chiesa, ci trasforma in colui che riceviamo e a sua volta noi, grazie alla sua efficacia, trasformiamo la nostra quotidianità. Ci può essere fermento nelle nostre comunità parrocchiali, nei gruppi e movimenti ecclesiali, ci sono tante cose da fare, le nostre agende sono piene, ma se non partiamo da quel fermento eucaristico che ci rigenera, rischiamo di girare a vuoto, abbandonando il contenuto per il contenitore.

Il fatto che Marco insista sulla stanza da preparare dove Gesù si ritrova con i suoi, è indicatore di quell’intimità eucaristica che abbiamo bisogno di recuperare tutti: pastori e fedeli. Più che uno spazio fisico, spesso questo luogo dell’incontro eucaristico, grato, generativo, è il nostro intimo: lì eseguiamo ascoltando; lì spezziamo la nostra vita donando; lì usciamo tra le strade della nostra città cantando.

Ogni Eucarestia è frutto della terra e del nostro lavoro. In lei presentiamo ciò che abbiamo ricevuto perché il dono dello Spirito santo lo trasformi nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Attraverso la sua Pasqua di morte e resurrezione, Gesù continua ad operare con noi. Quando mettiamo insieme il silenzioso sussulto della terra che genera la vita e il lavoro delle mani che modellano il creato. Allora, la fatica del quotidiano vivere è eucaristica, cioè capace di rendere grazie. L’agire eucaristico strappa il lavoro umano alla condanna che lo presenta precario, ingiusto, competitivo, restituendolo alla benedizione che lo rende equo, solidale, sussidiario.

In questo giorno santo mentre siamo riuniti anche noi nella sala alta per celebrare il memoriale della Pasqua, ti chiediamo Signore di fermare la guerra e di condurre il cuore di tutti su sentieri di pace. Ti chiediamo di benedire l’Italia e quanti la governano, sostenendo il bene comune ed una società democratica, dove c’è posto per tutti.

Siamo grati Signore per il Pane che viene dal cielo, pane dei pellegrini di speranza sulla terra. Cammina tra le nostre case e tra i tuoi figli assetati di amore vero. Aiutaci a non “strapazzare” il dono quotidiano dell’Eucarestia come esortava Sant’Alfonso Maria de Liguori. Ma, come indicava il Beato Carlo Acutis, a farne “un’autostrada verso il cielo”.

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