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Dalle parole ai luoghi di speranza: gli oratori

“Ponti tra la Chiesa e la strada”: è la definizione che san Giovanni Paolo II diede
degli oratori.  Una metafora, quella di papa Wojtyla, che ha il merito di proiettare con immediatezza il ruolo, la missione e allo stesso tempo la necessità di una pratica pastorale che viene da lontano, nata nella Roma rinascimentale, da una intuizione di san Filippo Neri, divenuto noto, forse anche per questo, come il “giullare di Dio” “il santo della gioia”, in un contesto religioso ufficiale schiacciato sul “dolorismo” controriformista.

Ed oggi la “povertà educativa” denunciata da più parti soprattutto nel nostro Mezzogiorno, Basilicata compresa, sollecita una valorizzazione degli oratori, adeguandoli ai bisogni dei tempi nuovi, di cui forse la chiesa lucana, nella pratica quotidiana, non ha ancora piena consapevolezza. Almeno a giudicare da quello che i ragazzi stessi, interpellati, hanno avuto modo di dire nel corso della festa diocesana degli oratori che si è svolta nel tra parco di Montereale e villa santa Maria di Potenza. Circa quattrocento giovanissimi hanno animato e contagiato, con canti, giochi, laboratori e poi con una marcia tra le due piccole oasi verdi, pezzi di una città affannata sotto una straordinaria cappa di caldo. E probabilmente sarà stato proprio il gran caldo ad aver frenato i più dalla partecipazione.  Presenti in massa solo gli oratori di Potenza; dal   resto della diocesi sono venuti solo i ragazzi di Bella, Avigliano e Brienza. E che non si sia trattato solo di “problemi atmosferici” lo lascia intendere anche il responsabile della pastorale giovanile, don Carmine Lamonea : “oratorio vuol dire impegno di mezzi e risorse umane che  invece scarseggiano. Al nord ci sono i direttori degli oratori; al sud la tradizione è molto più debole ed invece serve una formazione più specifica dei sacerdoti che devono considerare l’oratorio un impegno imprescindibile”. Una ragazza “sveglia” di Avigliano confessa “come giovani siamo visti come l’ultima ruota del carro, non ci sono adulti al servizio dei ragazzi. Mancano i sacerdoti”.

 Tutti sono consapevoli che anche là dove l’oratorio esiste sono pochi i ragazzi che lo frequentano. “Sono cambiati i tempi – precisa una educatrice- le famiglie riempiono le giornate dei loro figli con mille attività extrascolastiche, e a noi serve una mano di tutta la parrocchia, soprattutto dei sacerdoti e degli adulti che trascurano invece l’aspetto educativo”.  Eppure l’oratorio non è un lusso, e soprattutto nel “qui ed ora della nostra storia”, può divenire uno dei luoghi dove “costruire la speranza”, lavorando per il futuro insieme a quelli che proprio nel futuro saranno i protagonisti, uno strumento pastorale fondamentale per preadolescenti ed adolescenti in una fase di crescita delicatissima.

E soprattutto nell’opera di contrasto alla povertà educativa, come spesso accaduto in passato, la Chiesa può svolgere oggi un ruolo di supplenza alle carenze evidenti della società meridionale dove i ragazzi sono più oggetto che soggetto di una politica rivolta al futuro. Basti per tutti citare l’esodo biblico che affligge questi territori.

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