OMELIA IN OCCASIONE DELL’INVESTITURA DEI CAVALIERI E DAME DELL’ORDINE DEL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME

Rimanete qui a Gerusalemme finché non sarete rivestiti di Spirito Santo (At 1,4-11). Così Gesù comanda ai discepoli prima dell’Ascensione, inaugurando l’attesa dello Spirito. Per quanti desiderano ricevere un dono dall’alto, è questa la Parola che imprime nei cuori il desiderio di appartenere a Cristo Signore ed essere insieme a lui nella storia, pellegrini di Speranza. Ogni investitura per i discepoli di Gesù non viene dal basso, ma dall’alto ed è guidata dall’azione dello Spirito santo che rigenera i cuori. Quello che stiamo vivendo oggi, carissimi Cavalieri e Dame, ha la sua origine in queste Parole di Gesù, nella promessa del suo Spirito che per noi trova compimento nel Battesimo, il quale ci ha resi figli di Dio, donandoci la vita eterna. Il nostro glorioso Ordine conserva nella sua storia il dovere di rimanere fisicamente e spiritualmente a Gerusalemme, quella che è libera ed è nostra madre (Gal 4,26). La Chiesa dunque, nata dal costato di Cristo che sulla croce effuse sangue ed acqua (Cf. Gv 19,31), mirabilmente prefigurata dalle parole di Ezechiele che vide acqua e sangue scaturire dal Tempio (Cf Ez 47,1ss).
La teologia che emerge dal Vangelo di Giovanni rivela in modo graduale che il Tempio, cuore della tradizione biblica del pio israelita, culmine dei suoi pellegrinaggi, è quel luogo che manifesta la presenza del Dio dei Padri e dell’Alleanza, che garantisce la santità per tutto il popolo. Tuttavia, per l’evangelista Giovanni il Tempio vero è Cristo Gesù, dove Dio manifesta la sua gloria che culmina nel mistero della morte e risurrezione, segnando il compimento di tutto nel mistero pasquale. L’Acqua, il Sangue e lo Spirito, vengono dati in abbondanza perché la vita di Dio scorra in noi e per manifestare la sua divina presenza in noi (1Gv 5,1-9). Così Giovanni rivela i termini della nuova presenza di Dio: “Verremo in lui e prenderemo dimora presso di Lui” (Gv 14,23).
Il Cenacolo di Gerusalemme dove Gesù chiede ai discepoli di attendere l’effusione dello Spirito e l’investitura dall’alto, nella consapevolezza delle prime comunità cristiane, non sostituirà il Tempio mirabile edificato da Salomone, perché la Chiesa, la nuova Gerusalemme, non avrà Tempio perché suo Tempio e sua Luce saranno l’Agnello immolato e vivente (Cf. Ap 21, 22-23).
Cari Confratelli quello che stiamo vivendo oggi è un nuovo inizio, è consapevolezza che rivestiremo l’armatura dello Spirito, così come ricorda l’Apostolo Paolo, per
combattere contro il mistero del male che attanaglia il cuore dell’uomo (Cf. Ef 6,10-20). Saremo chiamati a rendere la nostra vita sempre più conforme a Cristo e a far risplendere sulla nostra fronte, nel nostro cuore e sulle nostre spalle la croce che redime e salva.
Una delle virtù che l’autore degli Atti degli Apostoli segnala nel cuore del Cenacolo dove gli Apostoli con Maria sono in attesa dello Spirito, è la Perseveranza (Cf. At 2,42). Virtù umile, virtù che ci fa rimanere, virtù che fa vicini e coesi, virtù che genera la Speranza che nutre la Fede, che sostiene la Carità. Niente e nessuno potrà separarci dall’amore di Cristo, né i venditori del tempio della modernità e del consumismo che svendono il cuore umano nei mercati dell’individualità e dell’autoreferenzialità, né i servi del potere che assoggettano l’uomo contemporaneo dentro le strettoie di una imminente autodistruzione. Mentre il mondo gira nel vortice della storia, la Croce sta, (Stat crux dum volvitur orbis) resiste, perché è segno indelebile, non commerciabile di un amore che vince ogni egoismo e che dona la vita senza misura.
Cari Fratelli e Sorelle a noi, nell’umanità e nella Chiesa del nostro tempo, è chiesto di essere, testimoni autentici, misericordiosi, fondati sulla Speranza che non delude. Certi che accompagnerà i passi del nostro pellegrinaggio terreno verso la Gerusalemme del cielo, la Madre di Dio che dai monti di Basilicata risplende Madre e Regina di Pace.