OMELIA IN OCCASIONE DELLA SOLENNITA’ DEL CORPO E DEL SANGUE DEL SIGNORE

“Nessuno potrà impedirvi di stare vicino alla gente di condividere la vita, di camminare con gli ultimi, di servire i poveri. Nessuno potrà impedirvi di annunciare il Vangelo, ed è il Vangelo che siamo invitati a portare, perché è di questo che tutti, noi per primi, abbiamo bisogno per vivere bene ed essere felici” (Papa Leone ai Vescovi italiani 17 giugno 2025). Il mistero del Corpo e Sangue del Signore, è mistero e dono di vicinanza. Gesù il Figlio di Dio ha scelto di essere Dio con noi e per noi. Infatti: Professiamo che per noi uomini e per la nostra salvezza, Egli discese dal cielo e si fece uomo: vero Uomo e vero Dio. L’odierna liturgia rende vive e presenti in noi, per mezzo dello Spirito santo, le parole e i gesti di Gesù, consegnati nell’ora suprema della sua Passione, memoriale perpetuo della nostra salvezza. L’Eucarestia è fonte di evangelizzazione ed è la felicità che l’uomo cerca.
La vita di Dio è in noi. Questa è la promessa che Gesù ha fatto: “Io sarò con voi ed in voi”. La sua non è una presenza ideale. No! E’ reale, come il pane che mangiamo, come il vino che beviamo, come lo sguardo di amore che accarezza il volto del fratello e della sorella; come il gesto con il quale abbracciamo chi ama; come quando ci chiniamo sulle ferite fisiche e spirituali di chi soffre. La memoria di quella cura e di quel nutrimento circola nelle nostre vite. Mentre il cibo materiale, pur destinato alla morte si dissolve nel nostro corpo e lo rigenera, così il cibo che è il corpo di Cristo, si dissolve nelle nostre vite e rigenera continuamente in noi la vita divina. Questa memoria di Dio che si dona in Gesù nel pane e nel vino, ha a che fare con la vita senza fine, che non ci possiamo dare, ma che riceviamo in dono da un Altro. In ogni Eucaristia siamo dunque partecipi di un frammento d’eternità.
La Parola letta alla luce dello Spirito santo: “Che ricorderà ogni cosa”, è prima mensa dell’Eucaristia che alimenta il nostro cuore e ci prepara a ricevere il Corpo di Cristo. Questo accade ogni volta che ci raduniamo per celebrare la morte del Signore, la sua risurrezione, nell’attesa che egli venga. Per i discepoli di ogni tempo la memoria del Signore risorto, non è nostalgia del passato, non è ricordo di un tempo lontano e ideale. Cristo nelle sue parole e nei suoi gesti ci fa oggi, eredi della verità che libera, redime e salva.
Così, la Chiesa, piena della gioia dei Santi; riconoscente per il dono prezioso di Dio che si comunica a noi nella semplicità di umanissimi segni canta: O sacrum convivium, il sacro convito in cui “si riceve Cristo, si celebra la memoria della sua passione, l’anima si riempie di grazia e a noi viene dato il pegno della gloria futura”. Tre espressioni della nostra fede eucaristica, aperte dallo stupore del cuore umano davanti al mistero. La “O” indica la posizione dell’incanto e nello stesso tempo del canto, il grato sussulto del cuore. “Sacrum” la certezza che siamo davanti all’Altro da noi, per certi versi separato, eppure “Convivium” tanto vicino a noi e talmente attraente che ci raduna, siede con noi a tavola e si fa commensale e cibo. Ecco! Il Dio rivelato da Gesù. Quello che Abramo ha intravisto nei segni del pane e del vino e nella misericordia donata per la pace. Al Dio dei Padri, per le mani del misterioso Re e Sacerdote di Salem (Melkisedek), Abramo restituisce il dono di sé, per avere in dono la pace, la benedizione che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo Creatore. Questa relazione solidale chiamata “alleanza”, accompagna tutto il cammino biblico con il quale Dio si fa commensale con il suo popolo e con l’intera umanità. Sarà Gesù ad incarnare nel suo pellegrinaggio terreno, questa solidale alleanza con gli ultimi e i poveri della terra. Con loro condividerà il pasto della parola, fino a darsi come cibo che dura per la vita eterna.
A questa scuola della solidarietà Gesù conduce i dodici nell’odierno racconto della moltiplicazione dei pani. Alla misurata soluzione con la quale i discepoli, figli del calcolo umano, vogliono affidare la folla, rinviandola alla ricerca individuale del sostentamento; Gesù oppone una provocazione che sta alla base del miracolo: “Date voi stessi da mangiare”. L’espressione va in doppia direzione: chiede ai discepoli di procurare il cibo; ma anche di farsi loro stessi cibo, cioè di imitare il Maestro che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la vita per tutti.
La moltiplicazione per i piccoli è generata dal poco fatto circolare. Sta qui il miracolo della conversione dei dodici che ora tornano ad essere “discepoli” afferma Luca, perché devono seguire ed imitare il Maestro ed essere solidali verso coloro ai quali sono inviati. Così: Il poco che ci spaventa diventa quel poco che ci permette di fare grandi cose. La consegna del Corpo e del Sangue di Gesù, la notte in cui veniva tradito, è consegna gratuita e amorosa. E’ l’inizio, afferma Paolo, di una consegna di quel memoriale vivo che accompagna nel tempo l’attesa del ritorno del Signore.
In tale contesto si comprende allora perché Luca racconta la moltiplicazione dei pani mentre Gesù parla alla folla del Regno di Dio e guarisce quanti hanno bisogno di cure. L’Eucarestia è farmaco d’immortalità nel deserto e nella notte del cuore umano. Gesù si prende cura di me, mi guarisce, mi nutre, mi dona la vita. Nonostante le mie miserie, Dio non mi allontana, egli mi ristora. Quando la fatica dei giorni paralizza la speranza, tu sei il mio orizzonte. Quando la fame di assoluto mi spinge a cercare oltre le mie forze, tu sei il mio sostegno. Quando la comunione tra noi è difficile, perché si fa prima da soli, tu spezzi la tua vita per me. Quando i miei sogni di bene sono assorbiti dal disincanto, tu fai nuova ogni cosa. Tu, che leghi la sconfitta della storia al pane negato e la nostra salvezza ad un po’ di pane donato. Questa è la ricchezza della Chiesa: un po’ di pane donato gratuitamente in cambio di un amore totale e senza confini.
Signore, oggi mentre cammini con noi nelle strade dei nostri quartieri, ci accompagni e ci precedi, sosti davanti ai cuori ostinati e accecati dall’odio e dalla violenza, gioisci dove sgorga l’amore vero che si moltiplica per divisone. Pazienti mentre l’umanità si ostina a fare senza di te, circoscritta da una economia dell’autosufficienza. Il cuore dell’uomo non è cambiato Gesù, non è diverso da quello di duemila anni fa. E’ ricettacolo di bene e di male; è tabernacolo di decisioni coraggiose ed evangeliche; è generatore di vita lì dove si lascia amare. Cammina con noi. Mentre proclamiamo l’Amen della fede. Noi che siamo membra del tuo corpo riconosciamo: “che sulla tua mensa è deposto il nostro mistero e tale mistero noi riceviamo. Dicendo oggi Amen al corpo di Cristo, sia veritiero il nostro Amen!” (Cf. S. Agostino).